sabato 31 dicembre 2011

Discorso di fine anno

Un discorso di fine anno potrebbe iniziare con un semplice "vorrei ringraziare...".... ma sì, perchè no?
Momo vorrebbe ringraziare tutti i protagonisti del suo spettacolo chiamato vita. Protagonisti principali, antagonisti o semplici apparizioni... tutti.
Vorrebbe ringraziare coloro che l'hanno aiutata ad intraprendere i primi passi nel mondo, e che le hanno mostrato ogni prospettiva di esso.
Vorrebbe dire grazie a coloro che l'han fatto ridere o piangere.
Desidera ringraziare chi ha creato quella splendida cosa per cui ora lei ha uno scopo per vivere: il sogno.
Vorrebbe dire grazie alle stelle, che nell'ultima notte gelida di capodanno brillano più che mai.
Infine vi augura l'ultima dolce notte dell'anno, affinchè i sogni di oggi diventino le realtà dell'anno che verrà.
Buon Anno!


giovedì 29 dicembre 2011

SCATTI D’UN COLPO DI SONNO



Stavo ammirando la notte stellata da uno dei tanti grattacieli di Berlino, e ovviamente al mio fianco c’era sempre Erik.
Quella sera però lui era strano: era come assente o pensieroso.
“Erik?” chiesi, dopo un grande silenzio tra di noi. Gli avevo raccontato quasi tutta la giornata, e del mio concorso che avevo vinto. Ero riuscita a realizzare un progetto degno del mio corso, finalmente. Ma lui pareva non mi ascoltasse.
“Che vuoi!”chiese scocciato, continuando a rivolgere lo sguardo verso la Luna.
“Non sei contento del mio  piccolo successo? Oppure non mi hai ascoltato per niente?” chiesi. Lui non mi rispose, e se ne stava ancora  a fissare la Luna, in silenzio.
“Ok, ho capito che la Luna è più interessante, ma perché allora questa sera tu mi hai portata qui?” chiesi.
Si voltò verso di me.  Uno sguardo nuovo, intenso, d’una profondità inquietante mi fissava.
“Cos’hai? Sei strano stasera…” chiesi. 
Lui si avvicinò a me pericolosamente, per poi afferrarmi per le braccia.
Mi continuava a guardare con uno sguardo che si faceva sempre più spaventoso, ansimando.
“Erik?! Non stai bene?!” chiesi, cercando di capire cosa avesse.
 Ma nulla, lui si limitava a guardarmi. Poi si avvicinò al mio viso. E di colpi la mia vista si annebbiò. Fino a sparire.

Sensazione


Avere la costante paura di qualcosa che deve ancora arrivare,
Essere in ansiosa attesa.
Sensazioni mattutine fastidiose,
come il mal di testa.
Avere paura di vacillare tra un passo e l'altro,
come un bambino.
Sensazione d'uno zombie
appena svegliato.
Voler realizzare sogni lontani,
vederne già la meta
ma non vederne il percorso.
Sensazione di donna
illusa.

sabato 24 dicembre 2011

Fantasma di Natale

Passeggiando per Shibuya, sotto la neve che cade lenta e gelida.
Tanta gente, forse troppa.... ma non ne sento le voci. Una confusione fatta di silenzi.
Il mio cuore è come quei fiocchi, così candidi ma fastidiosi. Oggi è così, perchè è Natale.
Natale: regali, amici, famiglia, e tanto affetto.....Tutte fesserie! Solo una scusa commerciale. Io non vedo il Natale, perchè passeggio a vuoto per Shibuya come un fantasma. E nessuno mi vede, perchè io sono solo un vago ricordo di passaggio.
Nessuno che mi ha ricordato lungo la tavolata di amici, nessuno che ha chiesto di me al Cielo, durante la cena coi parenti.
Già, questo è il mio Natale, il più fedele Natale.Quello che ho  vissuto come un fantasma.....che in realtà sono.

Scatti di Dilemmi

"Ti odio..."risposi al messaggio. La pioggia continuava incessante ad abbattersi sul tetto.
Poco dopo arrivò un altro messaggio:
"Non è vero che mi odi."
"Come fai a dirlo?" chiesi. Attesi nuovamente una risposta. Mi aspettavo che arrivasse da me, come faceva solitamente, come un fantasma.
"Lo leggo nei tuoi occhi." rispose.
"Ma se nemmeno sei quì davanti a me!" replicai perplessa. Mi voltai verso la finestra bagnata dalla pioggia. Non c'era, non mi spiava come avrebbe fatto al suo solito. Il mio cuore sussultò dal dispiacere. La lotta tra ragione e amore stava facendo straziare il mio petto.
Ancora un messaggio fece squillare il telefono.
"Come sento il battito del tuo cuore, come percepisco le pulsazioni del tuo sangue che profuma di pioggia.... riesco a vedere il tuo sguardo perso nel vuoto della tua mansarda. Non importa quanto tu sia distante, ma quanto io ti amo. I tuoi occhi vogliono parlarmi, ma non riescono a vedere al di là di quelle quattro mura.... per vedere i miei."
Un altro sussulto al cuore, e un grande giramento di testa.
Non sapevo più cosa fare. Non sapevo se credergli o no.
Non sapevo se lasciarmi uccidere dal suo istinto per avere pace, o se lottare per vivere il nostro amore contro ogni logica.

martedì 20 dicembre 2011

Pesantezza

Forse per questo Momo non vuole crescere: i grandi sono dei gran presuntuosi.
Pensano di sapere tutto loro, ti affidano compiti e di lanciano le colpe.... poi? Cosa succede? Tutto ciò fa impazzire quella piccola bambina che è in lei.  Vorrebbe sbattere la testa da qualche parte, su uno dei grattacieli imponenti di Tokyo.
E' stanca dei grandi, delle responsabilità, delle corse.... è veramente stanca. Vorrebbe fuggire verso un isola che non c'è. Peccato che appunto... non c'è!
Sentirsi soffocati da alte mura, invalicabili! Accidenti! Rabbia! Solo rabbia....
Al momento solo questo. Il peso delle responsabilità... pesantezza. 

domenica 18 dicembre 2011

Polvere alla Polvere: Destiny - Cap. 33

Polvere alla Polvere: Destiny - Cap. 33: Lei: il giorno è arrivato! Buio, buio e ancora buio. Il tempo e il luogo si erano fermati ed era come se non ci fosse stata traccia di es...

venerdì 16 dicembre 2011

Stralcio d'uno scatto

“Non ha importanza sapere come … l’importante è che ti dia qualcosa, che rimanga impresso in te. E questo direi che in pochi possono permettersi di imprimere una prospettiva di vita simile, non trovi?” disse lui.
“Magari però… fosse sempre così…. Questa prospettiva. Con la sensazione di avere il mondo ai tuoi piedi…”
“…. E  invece solitamente ti ritrovi come una piccola formica che vaga errante in mezzo al mondo?” chiese.
Quando lo sentii parlare era come se lui avesse rubato il mio pensiero e lo avesse fatto proprio, pronunciando quelle  parole con una grande tristezza.



tratto dal mio libro in elaborazione,
Scatti scritti in un soffio d'amore, cap:"Scatti d'un primo appuntamento"

domenica 11 dicembre 2011

IKEBUKURO STATION

Tokyo, stazione di Ikebukuro. Correvo sempre per prendere il treno e tutte le volte salivo.... per un soffio!
"Accidenti! Ci è mancato poco!" pensai, ansimando dalla fatica dopo la grande corsa.
Sembrava che vivessi su un treno, mi sentivo più a mio agio lì che a casa. Mi misi le cuffie alle orecchie  e ascotai un po' di musica rock dei mitici anni '80. La musica accompagnava i miei pensieri, sul treno, fino all'arrivo a casa. Finivo di lavorare alla cassa del mio negozio di dischi verso le cinque di ogni pomeriggio, giusto in tempo per correre per prendere il treno che mi avrebbe portato a Shinjuku.
"Tanta gente.... tante facce.... le stesse... ma i loro pensieri?" pensai, guardandomi un po intorno.
I vagoni erano sempre pieni di persone, e io stavo sempre stretta, nonostante fossi piccola e minuta.
 La mia vita è sempre stato un eterno correre tra lavoro, casa, amici, famiglia.
»Mayu ti aspetto da me per le sei, ok? mi raccomando, non fare come l'altra volta che ti sei addormentata!« lessi il messaggio sul cellulare che mi inviò Yuko.
Casa, amici e famiglia. Tutto ruotava attorno a quel triangolo come una trottolata impazzita. E tutti pretendevano le mie attenzioni. Quindi dovevo limitarmi a correre per gli altri.
Io correvo, ma io ero altrettanto importante?
 Quelle poche volte mi fermavo a pensare a perché esistevo o perché mai esistessi. E ogni volta non trovavo mai una risposta, o non avevo il tempo giusto per pensarci bene. Vivevo solo per lavorare, portare a casa qualche soldo, per le feste, per aiutare Yuko? E per innamorarmi? Fino ad allora non mi ero mai innamorata di nessuno. Temevo persino di non avere un cuore.  Alzai lo sguardo dal cellulare, mentre lo riponevo dentro la borsetta, e vidi lui, il ragazzo che ammiravo da quando avevo iniziato a prendere quel treno: Daisuke.
Proprio in quel momento mi accorsi di avere qualcosa che assomigliasse ad un cuore.

venerdì 2 dicembre 2011

Scatti d'un tempo che fu

Continuando a guardare le foto che avevo tra le mani ne vidi una che mi fece catapultare di colpo nel passato.
Era vecchissima, ormai quasi sbiadita dal tempo. Era una delle prime foto che mi fecero.
Era una delle prime foto nella storia dell'uomo, uno dei primi mezzi per poter catturare il tempo per sempre.
Era così scolorita che si vedevano a malapena una sagoma : quella di mio marito, Alfred. C'ero anche io al suo fianco ma..... non si vedeva!
Alfred, Alfred.... sì quel bastardo di Alfred! L'avevo sposato convinta che fosse stato un uomo dolce e gentile, che mi avrebbe rispettata, amata e onorata finchè la morte non ci avesse separati....la sua morte!
Quel giorno lo ricordai molto bene, perchè da allora iniziò il mio lungo cammino di solitudine. Più o meno era la fine del 1800.... ricordarsi le date non era mai stato il mio forte! Allora avevo vent'anni umani, ma in realtà ne avevo molti di più. Quella foto me la scattò un ragazzo che voleva testare l'arnese che quel secolo conquistò la curiosità degli umani: la macchina fotografica. Ma quando uscì la foto Alfred decise che doveva divenire di sua proprietà sia la macchina che la foto.
Non voleva che la mia bellezza fosse immortalata e custodita da altri: voleva che fosse solo sua.

Scatti di un Muro


Pioveva ancora là fuori, sulle strade di Berlino. L'immensa città mi sembrava più buia del solito, ma la pioggia continuava ad abbattersi sul muro che tanti anni fa divideva la città.
Guardai le foto che feci con la reflex ai miei amici. Sorrisi, abbracci e teneri baci....le più grandi emozioni tutte racchiuse in alcune foto ricordo. E proprio mentre sfogliavo quelle foto ne trovai una che mi fece sussultare il cuore.
C'era Erik in quella foto, che mi guardava con un grande sorriso, mentre stava davanti ai resti del Muro di Berlino.
Una lacrima, ricordando il suo calore, scese giù bagnando la figura immortalata in quel pezzo di carta.
Non mi voleva più. E aveva ragione. Si sentiva come il contorno della mia vita, mentre voleva essere il centro del mio cuore.
Avevo sbagliato, ancora una volta. Mi perdonava sempre, cercava di non rinfacciarmelo continuamente.
Ma era pur sempre umano.
Mentre io non lo ero.

giovedì 1 dicembre 2011

Scatti di Pioggia

"Etchù!" starnutii rumorosamente.
Era novembre, e ormai da qualche tempo avevo l'influenza. Avevo trascurato la mia salute, come del resto stavo trascurando anche gli amici e l'amore per raggiungere i miei sogni.
I miei sogni...beh.... non proprio! Alcuni sì, lo erano ma ....gli altri erano semplici mete con lo scopo ultimo didsoddisfare sia il mio ego che le esigenze di altri esseri viventi.
Ci mancava poco e avrei realizzato me stessa sotto ogni aspetto. Ma stavo crollando in salute, sotto ogni aspetto!
Pioveva. Pioveva così forte anche quel giorno ce mi lasciavo cadere le lacrime per far compagnia al cielo.
"Etchù!" ancora un altro starnuto.
Mentre mi tenevo al caldo sotto una coperta, mi misi a scrivere due righe di qualcosa. Semplici sfoghi? Può darsi. Al mio fianco tenevo il cellulare. Avevo visto uno squillo del mio ragazzo. Ma non risposi.
Avevo troppa paura di rispondere, di affrontare così i veri problemi.
Poi il suono di un messaggio arrivato sul cellulare catturò la mia attenzione:
"Ti lascio." lessi.
Altre lacrime accompagnarono il rumore della pioggia.