Stavo ammirando la notte stellata
da uno dei tanti grattacieli di Berlino, e ovviamente al mio fianco c’era
sempre Erik.
Quella sera però lui era strano:
era come assente o pensieroso.
“Erik?” chiesi, dopo un grande
silenzio tra di noi. Gli avevo raccontato quasi tutta la giornata, e del mio concorso
che avevo vinto. Ero riuscita a realizzare un progetto degno del mio corso,
finalmente. Ma lui pareva non mi ascoltasse.
“Che vuoi!”chiese scocciato,
continuando a rivolgere lo sguardo verso la Luna.
“Non sei contento del mio piccolo successo? Oppure non mi hai ascoltato
per niente?” chiesi. Lui non mi rispose, e se ne stava ancora a fissare la Luna, in silenzio.
“Ok, ho capito che la Luna è più
interessante, ma perché allora questa sera tu mi hai portata qui?” chiesi.
Si voltò verso di me. Uno sguardo
nuovo, intenso, d’una profondità inquietante mi fissava.
“Cos’hai? Sei strano stasera…”
chiesi.
Lui si avvicinò a me pericolosamente, per poi afferrarmi per le
braccia.
Mi continuava a guardare con uno
sguardo che si faceva sempre più spaventoso, ansimando.
“Erik?! Non stai bene?!” chiesi,
cercando di capire cosa avesse.
Ma nulla, lui si limitava a guardarmi. Poi si
avvicinò al mio viso. E di colpi la mia vista si annebbiò. Fino a sparire.
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