"1"
Mi svegliai
presto quella mattina. Volevo essere diversa dal solito trucco acqua
e sapone, e mettermi qualcosa di più elegante rispetto al jeans e
maglietta.
Così mi tinsi le
labbra di rosso scarlatto, come le rose della mia vicina di casa, e
sulle palpebre disegnai un lungo tratto nero con l'eyeliner, per
allungare lo sguardo. Sembravo un altra persona: quella mattina così,
all'improvviso, mi sentivo più donna delle altre volte. Certi giorni
volevo essere più ragazzina, ma quel giorno provai ad essere più
donna e mostrare più maturità. Anche perchè sarei andata ad un
incontro abbastanza formale: quello con la professoressa Mauura
Fujiko.
Lei era una donna
straordinaria: insegnava l'inglese come se fosse stata una
madrelingua, organizzava progetti di volontariato, scriveva... il
modello di donna in carriera, perfetta. Inoltre era di una bellezza
al di fuori del comune! Appunto per la passione che avevamo in comune
per la letteratura e la scrittura, provai a proporle un mio libro per
vedere se la casa editrice per cui lavorava sarebbe stata interessata
alla mia opera. Scriveva vari generi, ma spesso e volentieri erano
storie d'amore.
"Bene, ora
sono pronta!" dissi rivolgendo un ultimo sguardo allo specchio.
Uscii di casa e camminai con molta calma per le vie del quartiere,
per raggiungere l'università. Il sole era tiepido, e sentivo che mi
avrebbe atteso una giornata sicuramente intensa e produttiva. Lo
studio non sarebbe mancato e per di più avrei atteso l'esito della
bozza del mio libro che avevo proposto alla signora Mauura Fujiko.
Giungendo nel
cortile universitario sentii una voce squillante che mi chiamava.
Era Sakura:
"Hey! Dove
pensavi di andare? Non ti fermi nemmeno per salutarmi?!"esclamò
Sakura sorridendo dolcemente. Erano settimane che non ci sentivamo
più, e nemmeno uscivo con lei, il suo ragazzo e il gruppo di amici.
Ero felice per lei, ma in quegli ultimi tempi era diventata più
sciocca e bambina del solito. Forse erano Rihito e il suo gruppo di
amici ad averla influenzata: in fondo nemmeno loro mi erano mai
piaciuti.
"A dire il
vero è da tempo che non ci sentiamo...."
"Potresti
infatti farti sentire un po' più spesso..."
"Anche tu!"
esclamai scocciata. Si stava comportando come se lei per principio
avesse avuto ragione. Ma non era così: prima o poi doveva ammettere
parte delle sue colpe, come d'altronde facevo sempre io!
"Senti io
vorrei invitarti al mio compleanno..."
"Interessante..."
"In che
senso?! Da come me lo dici sembra quasi che non te ne importi nulla!"
esclamò Sakura guardandomi con perplessità. E io impassibile
risposi:
"In questo
momento ho ben altre cose a cui pensare..."
Il suo volto
cambiò velocemente espressione, e per cercare di coprire le lacrime
che stavano per traboccare dagli occhi se ne andò, lasciandomi sola
in mezzo alla folla di studenti intenti a entrare in facoltà.
Anche io entrai a
lezione, in fondo cos'altro potevo fare? Avevo ragione: lei mi aveva
trascurata, era cambiata e pure io l'avevo abbandonata al suo destino
che ormai s'era colorato di rosa. Io non avevo le sue stesse
sfumature. Non le volevo.
Arrivai a lezione
di informatica: i computer occupavano grande parte dell'aula e un
sostituto del professore della materia iniziò con la lezione. Mi
sedetti in seconda fila, centrale. Ma non avevo tanta voglia di
ascoltare. Cercai di seguire l'inizio, poi il mio cervello si
scollegò direttamente dalla realtà.
"Perchè non
c'è niente che mi soddisfi veramente? Che mi faccia ancora vivere
l'ebrezza del piacere di una giovane?" pensai. Il mio sguardo
era fisso sul monitor . Tanti programmi, tanti click col mouse.
Nessuna ribellione da parte del computer, nessuno stimolo se non
obbedire ai miei comandi.
"Sì...in
questo momento sono proprio una macchina...senza sentimento."
pensai. Dopo un ora intensa di lezione senza pausa decisi di lasciare
l'aula e dirigermi in biblioteca.
Studiare,
studiare e ancora studiare. Non facevo altro a parte suonare, il
volontariato che ormai stavo dimenticando sempre più. Ero chiusa in
casa, uscivo per conto mio pochissime volte, da sola. Mio padre mi
chiamava una volta al mese, giusto per far credere che lui era ancora
mio padre.
Poi? Studio,
studio e ancora studio. Così studiai, fino a quando non si fece
quasi sera. Arrivò un messaggio sul cellulare:
"Dove posso
trovarti per allungarti la bozza?"lessi. Era la professoressa
Fujiko, e così le risposi, attendendo dentro la biblioteca, che
ormai stava per chiudere.
La signora Mauura
arrivò giusto un quarto d'ora prima che chiudesse la biblioteca.
Arrivò con passo deciso, senza sorridere, impassibile come sempre. E
io l'ammiravo in tutta la sua eleganza e compostezza.
"Buona sera
professoressa Mauura!" dissi e lei ricambiò il mio saluto.
Ci sedemmo
entrambe e lei mi mostrò la bozza del mio libro corretta.
"E' un vero
disastro signorina! Devi ricontrollarlo ancora!"
"Che cosa?!
Ma cosa c'è che non va?!" esclamai. Era l'ennesima volta che
me lo correggeva.
"Rileggilo
ancora. E quando senti che sarà pronta, mi farai sapere!" disse
lei e nel frattempo si rialzò.
"Ma..aspetti!
Cosa ho sbagliato? Non ha segnato alcun errore..."
"Il
contenuto, la storia di queste due ragazze innamorate....non ha
senso....devi trovare il vero motivo per cui le lega....il perchè
potrebbero coronare questo sogno d'amore. Ti saluto. Pensaci bene..."
disse lei.
Rimasi perplessa
da quella sua affermazione: forse non avevo espresso bene il
sentimento delle protagoniste? O forse era un tema che non piaceva
alla professoressa? Una miriade di domande mi vagò in mente
facendomi venire un lieve mal di testa.
Non accettai
quella semplice correzione, così inseguii la professoressa, che
ormai stava uscendo dalla facoltà.
"Professoressa
Mauura! Si fermi!" esclamai correndole dietro. Lei si fermò e
si voltò con aria perplessa.
"Che cosa
vuoi ancora? Non vedi che me ne sto andando?!"
"Sì,
ma....che cosa intende lei per trovare il vero motivo? Io il motivo
ce l'ho...è l'amore che le lega in questa storia!" esclamai col
fiatone.
"Ma non ci
siamo ancora! Manca qualcosa: un intrigo, un mistero...qualcosa....un
incontro casuale c'è, è vero, dettato da un sogno...ma non basta!
Così non entusiasmerebbe nemmeno una copisteria di seconda
qualità..." disse lei. In quel momento mi sentii crollare il
mondo addosso. Aveva distrutto il mio sogno. Non riuscii a
controbattere.
"Arrivederci."
disse lei uscendo dalla facoltà.
Rimasi incantata
per qualche istante ad ammirare quella figura così elegante, da cui
erano fuoriuscite parole di ghiaccio.
"Al
diavolo!" pensai, cacciando in borsa con rabbia il manoscritto.
Corsi in bagno,
con l'amaro in bocca che ormai mi faceva fuori uscire le lacrime. Non
ce la facevo più: non sapevo più se stavo facendo le scelte giuste
o sbagliate, facevo tante cose ma quando si trattava di impegnarsi
nelle mie opere fallivo miseramente. Maledii quel giorno che avevo
riscoperto la mia passione per scrivere. Ebbene sì: ero piccola
quando componevo poesie, e sognavo fiabe da raccontare al mondo, a
mio padre. Peccato che mio padre non mi ascoltasse, preso da impegni
ben più importanti di una bambina che vagava nel sentiero della
fantasia. Così pensai che nemmeno il mondo fosse interessato alle
mie storie, e chiusi quella passione così importante nello scrigno
del mio cuore, gettando via la chiave. Dopo anni di adolescenza,
vissute tanto per sopravvivere, un giorno sentii una voce che mi
chiamava dentro di me. Una voce che dava colori, immagini e
movimenti, nel silenzio che mi avvolgeva come una coperta.
Ricordai bene
quel giorno, perchè ero davanti alla tomba di mia madre: il cielo
era azzurro, limpido e l'aria era fresca. Il vento mi accarezzò,
scostando delicatamente i miei capelli e , come per magia, sentii
sussurrare qualcosa. Mi voltai, ma non c'era nessuno.
"La
mamma...." pensai. Forse era lei, o forse no, ma quel momento mi
spinse per correre a casa e scrivere una piccola storia nel giro di
un pomeriggio. Proprio quella storia mi fece vincere un piccolo
concorso per racconti a scuola. E fu una delle mie più grandi
soddisfazioni, che mi fece ritrovare la chiave per riaprire il
cassetto tanto nascosto per troppo tempo.
Però col mio
romanzo che avevo continuamente proposto alla signora Mauura non
avevo speranze: potevo richiudere il mio sogno nel cassetto e
bruciarlo!
"Hey...va
tutto bene?" chiese una voce dietro di me. Forse qualcuna era
chiusa nei bagni e aveva sentito i miei singhiozzi?
Vidi allo
specchio l'insegnante di ginnastica che mi aveva aiutato quella
stessa mattina, che mi sorrideva.
Mi asciugai in
fretta le lacrime e mi voltai verso di lei.
"Sì...sì
va tutto bene!" esclamai con un sorriso forzato. Ma lei si
avvicinò e mi guardò intensamente negli occhi.
"Non, è
vero...non va tutto bene..." disse lei. Il suo sguardo era
insenso e deciso, intento a studiarmi e scavare la verità nei miei
occhi. Mi incantai per qualche istante nei suoi occhi neri e lucenti.
"Oggi...non
è giornata. E' la giornata delle cadute, e....diciamo mi sono fatta
male!" esclamai ironicamente. Lei sorrise e tirò fuori un
fazzoletto. In un istante riuscì a catturare una lacrima che mi
stava colando sulla guancia. Il suo tocco era caldo e delicato.
"Quando si
cade, ci si fa male...ma poi ci si rialza, ricordando quanto sia
stata brutta la caduta in passato." disse lei accarezzandomi la
guancia e continuando a contemplare il mio sguardo mentre io ero
perso nel suo.
Poi mi allontanai
cercando di ricompormi.
"C-certo!
Grazie...ora mi scusi ma devo scappare a casa..."
"Vuoi che ti
accompagni? Tra lo svenimento di prima e ora che stai piangendo avrai
bisogno di compagnia....magari posso accompagnarti non fino a casa ma
per un buon tratto, così potresti essere più tranquilla..."
disse lei. In quel momento non sapevo cosa fare: dirle di no sarei
risultata sgarbata. Così annuii accettando l'invito.
Uscimmo dalla
biblioteca ed entrambe prendemmo la bici, mentre il sole che
tramontava dava allo scenario intorno a noi una sensazione di
tranquillità. Ad un tratto, prima di montare sul sellino della
bicicletta mi allungò la mano:
"Keiko,
molto piacere." disse lei col sorriso. Non mi aspettai una sua
presentazione, con così tanta spontaneità.
"Nanako.
Pia...piacere mio!" ricambiai con timidezza. Salimmo ognuna
sulla propria bicicletta e partimmo alla volta di casa mia.
"Quindi sei
una studentessa della facoltà...non frequenti le lezioni?"chiese
lei.
"Ultimamente
qualche lezione la salto....a volte ne faccio a meno."
"Come mai?"
"Preferisco
studiare sui libri che ascoltare, ultimamente."
"Capisco...."disse
lei. Qualche istante di silenzio ci separò. Ma poi mi salì
stranamente a galla la curiosità.
"E tu? Come
mai sei spesso in biblioteca?"
"Beh di
solito sono in biblioteca al lunedì, poi spesso ho delle lezioni di
educazione fisica alle scuole elementari...."
"Ah, quindi
sei una maestra! Che bello!"
"Sì, però
sto cercando di fare anche una specialistica giusto per poter
insegnare anche nei licei...."
"E come è
insegnare ai bambini?"
"E'
bellissimo. Sono l'espressione più pura del movimento, quella più
spontanea....mi diverto molto." disse lei con un grande sorriso.
"Ah..."
pensai, colpita non tanto dal suo entusiasmo, ma da quel sorriso così
raggiante. Brillava così tanto che copriva la vista del sole che
tramontava.
Finalmente
giungemmo a casa mia, e così ci salutammo:
"Mi
raccomando, abbi cura di te." disse lei sempre col sorriso e una
grande dolcezza. Mi sentivo sciogliere da quelle parole che nessuno
prima di allora mi aveva mai detto.
"Ce-certo....anche
tu Keiko..."dissi. Poi si voltò per andarsene, ma qualcosa mi
diceva di fermarla:
"He-hey
aspetta!" esclamai. Keiko si fermò di colpo e si voltò con
aria sorpresa.
"Dimmi..."
disse. Non riuscivo a emettere alcuna parola. Mi sentivo soffocare da
una strana palpitazione.
"Ehm...spero...spero
di rivederti presto in facoltà!" esclamai col sorriso. Il mio
respiro si faceva sempre più affannoso. Lei nel frattempo mi
sorrise.
"Senz'altro!
Ciao..." disse lei e quel saluto pareva, mentre si voltava per
andarsene, come se fosse sussurrato dal vento.
"Ma....che
cosa diavolo..." pensai, riponendo la bici.
Ero ancora
stordita: non capivo cosa mi stesse succedendo. Quel semplice "abbi
cura di te" era stato capace di sconquassare il mio animo. Una
coccola, una piccola attenzione, detta col sorriso. Sembrava niente,
una frase qualunque. Eppure mi aveva fatto riscoprire di avere un
cuore.
"Mi ha detto
solo di avere cura di me...." pensai mentre preparavo la cena.
"Eppure...mi
sento meglio..." conclusi, e stranamente un lieve sorriso si
disegnò sul mio volto. No, non era un giorno qualunque. Qualcuno con
poco aveva cambiato la mia vita. Ed era Keiko.
"Keiko..."
pensai. Uno strano sussulto al cuore mi fece precipitare in pensieri
celesti come era di solito il cielo che intravedevo in quelle
giornate piene di pensieri.
Mentre cenai
pensavo a lei: il suo sorriso, i suoi occhi lucenti. La sua tenerezza
e preoccupazione verso una ragazza qualunque. Non era da tutti.
Stranamente però pensare a lei mi fece tornare la voglia di
rimettermi in gioco con il mio manoscritto da rivedere per l'ennesima
volta.
Tirai fuori il
libro un po' stropicciato e lo guardai.
"Forse è
una storia che non piacerà mai....eppure....quella storia la sento
come mia.... maledetto sogno, di quella notte di un anno fa!"
pensai. Ebbene sì, precisamente un anno prima feci uno strano
sogno. Ero vestita di bianco, in una stanza piena di petali di rose
sparse per terra. E ad un tratto mi sento cingere con decisione le
spalle da due mani, ma la presa era delicata e le mani sono quelle di
una donna. Mi voltavo, e due labbra piombarono sulle mie strappandomi
un lunghissimo ed intenso bacio. Un bacio di una donna, così intenso
che pareva reale, da lasciarmi al risveglio un retrogusto di fragola.
"Che
storia....forse per la signora Mauura non ha senso, eppure....dovevo
scriverlo...il mio sogno ha senso!" pensai. Decisi però che,
prima di rivedere la bozza, era meglio se avessi preso la mia agenda
e avessi organizzato la settimana che mi attendeva.
"Bene,
bene....cosa c'è da fare la prossima settimana?" pensai e
proprio in una pagina della settimana, il primo di giugno, trovai un
post-it:
"Uno: come
te non c'è nessuna..."
"Ma che...."
esclamai, tirando via il post it. Lo cestinai, come avevo fatto con
gli altri e continuando a pensare che si trattasse di uno scherzo di
qualcuno che passava per caso, in mia assenza, vicino alle mie cose.
Magari ero in bagno, e quella persona si stava prendendo gioco di me,
riempiendo ogni lunedì i miei libri con dei post-it.
"Aspetta un
momento..." pensai. La mia mente s'illuminò all'istante.
"Oggi è
lunedì.....e i post-it....li trovo sempre sui miei libri di lunedì!"
pensai. I pensieri si fecero sempre più fitti e i sospetti sempre
più grandi. Lasciavo sempre le mie cose in biblioteca sui banchi,
perchè mi fidavo dei custodi, ma a quel punto non mi potevo nemmeno
più fidare di loro. Erano forse i custodi a farmi questi scherzi? O
forse qualche studente che rimaneva il lunedì a studiare? Le pensai
tutte quella notte, giradomi e rigirandomi nel letto.
"Non si può
continuare così....devo indagare! E poi il gioco è bello quando è
corto..." pensai infine, cercando di prendere sonno.
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