giovedì 29 settembre 2011

Post-it "1"


"1"

Mi svegliai presto quella mattina. Volevo essere diversa dal solito trucco acqua e sapone, e mettermi qualcosa di più elegante rispetto al jeans e maglietta.
Così mi tinsi le labbra di rosso scarlatto, come le rose della mia vicina di casa, e sulle palpebre disegnai un lungo tratto nero con l'eyeliner, per allungare lo sguardo. Sembravo un altra persona: quella mattina così, all'improvviso, mi sentivo più donna delle altre volte. Certi giorni volevo essere più ragazzina, ma quel giorno provai ad essere più donna e mostrare più maturità. Anche perchè sarei andata ad un incontro abbastanza formale: quello con la professoressa Mauura Fujiko.
Lei era una donna straordinaria: insegnava l'inglese come se fosse stata una madrelingua, organizzava progetti di volontariato, scriveva... il modello di donna in carriera, perfetta. Inoltre era di una bellezza al di fuori del comune! Appunto per la passione che avevamo in comune per la letteratura e la scrittura, provai a proporle un mio libro per vedere se la casa editrice per cui lavorava sarebbe stata interessata alla mia opera. Scriveva vari generi, ma spesso e volentieri erano storie d'amore.
"Bene, ora sono pronta!" dissi rivolgendo un ultimo sguardo allo specchio. Uscii di casa e camminai con molta calma per le vie del quartiere, per raggiungere l'università. Il sole era tiepido, e sentivo che mi avrebbe atteso una giornata sicuramente intensa e produttiva. Lo studio non sarebbe mancato e per di più avrei atteso l'esito della bozza del mio libro che avevo proposto alla signora Mauura Fujiko.
Giungendo nel cortile universitario sentii una voce squillante che mi chiamava.
Era Sakura:
"Hey! Dove pensavi di andare? Non ti fermi nemmeno per salutarmi?!"esclamò Sakura sorridendo dolcemente. Erano settimane che non ci sentivamo più, e nemmeno uscivo con lei, il suo ragazzo e il gruppo di amici. Ero felice per lei, ma in quegli ultimi tempi era diventata più sciocca e bambina del solito. Forse erano Rihito e il suo gruppo di amici ad averla influenzata: in fondo nemmeno loro mi erano mai piaciuti.
"A dire il vero è da tempo che non ci sentiamo...."
"Potresti infatti farti sentire un po' più spesso..."
"Anche tu!" esclamai scocciata. Si stava comportando come se lei per principio avesse avuto ragione. Ma non era così: prima o poi doveva ammettere parte delle sue colpe, come d'altronde facevo sempre io!
"Senti io vorrei invitarti al mio compleanno..."
"Interessante..."
"In che senso?! Da come me lo dici sembra quasi che non te ne importi nulla!" esclamò Sakura guardandomi con perplessità. E io impassibile risposi:
"In questo momento ho ben altre cose a cui pensare..."
Il suo volto cambiò velocemente espressione, e per cercare di coprire le lacrime che stavano per traboccare dagli occhi se ne andò, lasciandomi sola in mezzo alla folla di studenti intenti a entrare in facoltà.
Anche io entrai a lezione, in fondo cos'altro potevo fare? Avevo ragione: lei mi aveva trascurata, era cambiata e pure io l'avevo abbandonata al suo destino che ormai s'era colorato di rosa. Io non avevo le sue stesse sfumature. Non le volevo.
Arrivai a lezione di informatica: i computer occupavano grande parte dell'aula e un sostituto del professore della materia iniziò con la lezione. Mi sedetti in seconda fila, centrale. Ma non avevo tanta voglia di ascoltare. Cercai di seguire l'inizio, poi il mio cervello si scollegò direttamente dalla realtà.
"Perchè non c'è niente che mi soddisfi veramente? Che mi faccia ancora vivere l'ebrezza del piacere di una giovane?" pensai. Il mio sguardo era fisso sul monitor . Tanti programmi, tanti click col mouse. Nessuna ribellione da parte del computer, nessuno stimolo se non obbedire ai miei comandi.
"Sì...in questo momento sono proprio una macchina...senza sentimento." pensai. Dopo un ora intensa di lezione senza pausa decisi di lasciare l'aula e dirigermi in biblioteca.
Studiare, studiare e ancora studiare. Non facevo altro a parte suonare, il volontariato che ormai stavo dimenticando sempre più. Ero chiusa in casa, uscivo per conto mio pochissime volte, da sola. Mio padre mi chiamava una volta al mese, giusto per far credere che lui era ancora mio padre.
Poi? Studio, studio e ancora studio. Così studiai, fino a quando non si fece quasi sera. Arrivò un messaggio sul cellulare:
"Dove posso trovarti per allungarti la bozza?"lessi. Era la professoressa Fujiko, e così le risposi, attendendo dentro la biblioteca, che ormai stava per chiudere.
La signora Mauura arrivò giusto un quarto d'ora prima che chiudesse la biblioteca. Arrivò con passo deciso, senza sorridere, impassibile come sempre. E io l'ammiravo in tutta la sua eleganza e compostezza.
"Buona sera professoressa Mauura!" dissi e lei ricambiò il mio saluto.
Ci sedemmo entrambe e lei mi mostrò la bozza del mio libro corretta.
"E' un vero disastro signorina! Devi ricontrollarlo ancora!"
"Che cosa?! Ma cosa c'è che non va?!" esclamai. Era l'ennesima volta che me lo correggeva.
"Rileggilo ancora. E quando senti che sarà pronta, mi farai sapere!" disse lei e nel frattempo si rialzò.
"Ma..aspetti! Cosa ho sbagliato? Non ha segnato alcun errore..."
"Il contenuto, la storia di queste due ragazze innamorate....non ha senso....devi trovare il vero motivo per cui le lega....il perchè potrebbero coronare questo sogno d'amore. Ti saluto. Pensaci bene..." disse lei.
Rimasi perplessa da quella sua affermazione: forse non avevo espresso bene il sentimento delle protagoniste? O forse era un tema che non piaceva alla professoressa? Una miriade di domande mi vagò in mente facendomi venire un lieve mal di testa.
Non accettai quella semplice correzione, così inseguii la professoressa, che ormai stava uscendo dalla facoltà.
"Professoressa Mauura! Si fermi!" esclamai correndole dietro. Lei si fermò e si voltò con aria perplessa.
"Che cosa vuoi ancora? Non vedi che me ne sto andando?!"
"Sì, ma....che cosa intende lei per trovare il vero motivo? Io il motivo ce l'ho...è l'amore che le lega in questa storia!" esclamai col fiatone.
"Ma non ci siamo ancora! Manca qualcosa: un intrigo, un mistero...qualcosa....un incontro casuale c'è, è vero, dettato da un sogno...ma non basta! Così non entusiasmerebbe nemmeno una copisteria di seconda qualità..." disse lei. In quel momento mi sentii crollare il mondo addosso. Aveva distrutto il mio sogno. Non riuscii a controbattere.
"Arrivederci." disse lei uscendo dalla facoltà.
Rimasi incantata per qualche istante ad ammirare quella figura così elegante, da cui erano fuoriuscite parole di ghiaccio.
"Al diavolo!" pensai, cacciando in borsa con rabbia il manoscritto.
Corsi in bagno, con l'amaro in bocca che ormai mi faceva fuori uscire le lacrime. Non ce la facevo più: non sapevo più se stavo facendo le scelte giuste o sbagliate, facevo tante cose ma quando si trattava di impegnarsi nelle mie opere fallivo miseramente. Maledii quel giorno che avevo riscoperto la mia passione per scrivere. Ebbene sì: ero piccola quando componevo poesie, e sognavo fiabe da raccontare al mondo, a mio padre. Peccato che mio padre non mi ascoltasse, preso da impegni ben più importanti di una bambina che vagava nel sentiero della fantasia. Così pensai che nemmeno il mondo fosse interessato alle mie storie, e chiusi quella passione così importante nello scrigno del mio cuore, gettando via la chiave. Dopo anni di adolescenza, vissute tanto per sopravvivere, un giorno sentii una voce che mi chiamava dentro di me. Una voce che dava colori, immagini e movimenti, nel silenzio che mi avvolgeva come una coperta.
Ricordai bene quel giorno, perchè ero davanti alla tomba di mia madre: il cielo era azzurro, limpido e l'aria era fresca. Il vento mi accarezzò, scostando delicatamente i miei capelli e , come per magia, sentii sussurrare qualcosa. Mi voltai, ma non c'era nessuno.
"La mamma...." pensai. Forse era lei, o forse no, ma quel momento mi spinse per correre a casa e scrivere una piccola storia nel giro di un pomeriggio. Proprio quella storia mi fece vincere un piccolo concorso per racconti a scuola. E fu una delle mie più grandi soddisfazioni, che mi fece ritrovare la chiave per riaprire il cassetto tanto nascosto per troppo tempo.
Però col mio romanzo che avevo continuamente proposto alla signora Mauura non avevo speranze: potevo richiudere il mio sogno nel cassetto e bruciarlo!
"Hey...va tutto bene?" chiese una voce dietro di me. Forse qualcuna era chiusa nei bagni e aveva sentito i miei singhiozzi?
Vidi allo specchio l'insegnante di ginnastica che mi aveva aiutato quella stessa mattina, che mi sorrideva.
Mi asciugai in fretta le lacrime e mi voltai verso di lei.
"Sì...sì va tutto bene!" esclamai con un sorriso forzato. Ma lei si avvicinò e mi guardò intensamente negli occhi.
"Non, è vero...non va tutto bene..." disse lei. Il suo sguardo era insenso e deciso, intento a studiarmi e scavare la verità nei miei occhi. Mi incantai per qualche istante nei suoi occhi neri e lucenti.
"Oggi...non è giornata. E' la giornata delle cadute, e....diciamo mi sono fatta male!" esclamai ironicamente. Lei sorrise e tirò fuori un fazzoletto. In un istante riuscì a catturare una lacrima che mi stava colando sulla guancia. Il suo tocco era caldo e delicato.
"Quando si cade, ci si fa male...ma poi ci si rialza, ricordando quanto sia stata brutta la caduta in passato." disse lei accarezzandomi la guancia e continuando a contemplare il mio sguardo mentre io ero perso nel suo.
Poi mi allontanai cercando di ricompormi.
"C-certo! Grazie...ora mi scusi ma devo scappare a casa..."
"Vuoi che ti accompagni? Tra lo svenimento di prima e ora che stai piangendo avrai bisogno di compagnia....magari posso accompagnarti non fino a casa ma per un buon tratto, così potresti essere più tranquilla..." disse lei. In quel momento non sapevo cosa fare: dirle di no sarei risultata sgarbata. Così annuii accettando l'invito.
Uscimmo dalla biblioteca ed entrambe prendemmo la bici, mentre il sole che tramontava dava allo scenario intorno a noi una sensazione di tranquillità. Ad un tratto, prima di montare sul sellino della bicicletta mi allungò la mano:
"Keiko, molto piacere." disse lei col sorriso. Non mi aspettai una sua presentazione, con così tanta spontaneità.
"Nanako. Pia...piacere mio!" ricambiai con timidezza. Salimmo ognuna sulla propria bicicletta e partimmo alla volta di casa mia.
"Quindi sei una studentessa della facoltà...non frequenti le lezioni?"chiese lei.
"Ultimamente qualche lezione la salto....a volte ne faccio a meno."
"Come mai?"
"Preferisco studiare sui libri che ascoltare, ultimamente."
"Capisco...."disse lei. Qualche istante di silenzio ci separò. Ma poi mi salì stranamente a galla la curiosità.
"E tu? Come mai sei spesso in biblioteca?"
"Beh di solito sono in biblioteca al lunedì, poi spesso ho delle lezioni di educazione fisica alle scuole elementari...."
"Ah, quindi sei una maestra! Che bello!"
"Sì, però sto cercando di fare anche una specialistica giusto per poter insegnare anche nei licei...."
"E come è insegnare ai bambini?"
"E' bellissimo. Sono l'espressione più pura del movimento, quella più spontanea....mi diverto molto." disse lei con un grande sorriso.
"Ah..." pensai, colpita non tanto dal suo entusiasmo, ma da quel sorriso così raggiante. Brillava così tanto che copriva la vista del sole che tramontava.
Finalmente giungemmo a casa mia, e così ci salutammo:
"Mi raccomando, abbi cura di te." disse lei sempre col sorriso e una grande dolcezza. Mi sentivo sciogliere da quelle parole che nessuno prima di allora mi aveva mai detto.
"Ce-certo....anche tu Keiko..."dissi. Poi si voltò per andarsene, ma qualcosa mi diceva di fermarla:
"He-hey aspetta!" esclamai. Keiko si fermò di colpo e si voltò con aria sorpresa.
"Dimmi..." disse. Non riuscivo a emettere alcuna parola. Mi sentivo soffocare da una strana palpitazione.
"Ehm...spero...spero di rivederti presto in facoltà!" esclamai col sorriso. Il mio respiro si faceva sempre più affannoso. Lei nel frattempo mi sorrise.
"Senz'altro! Ciao..." disse lei e quel saluto pareva, mentre si voltava per andarsene, come se fosse sussurrato dal vento.
"Ma....che cosa diavolo..." pensai, riponendo la bici.
Ero ancora stordita: non capivo cosa mi stesse succedendo. Quel semplice "abbi cura di te" era stato capace di sconquassare il mio animo. Una coccola, una piccola attenzione, detta col sorriso. Sembrava niente, una frase qualunque. Eppure mi aveva fatto riscoprire di avere un cuore.
"Mi ha detto solo di avere cura di me...." pensai mentre preparavo la cena.
"Eppure...mi sento meglio..." conclusi, e stranamente un lieve sorriso si disegnò sul mio volto. No, non era un giorno qualunque. Qualcuno con poco aveva cambiato la mia vita. Ed era Keiko.
"Keiko..." pensai. Uno strano sussulto al cuore mi fece precipitare in pensieri celesti come era di solito il cielo che intravedevo in quelle giornate piene di pensieri.
Mentre cenai pensavo a lei: il suo sorriso, i suoi occhi lucenti. La sua tenerezza e preoccupazione verso una ragazza qualunque. Non era da tutti. Stranamente però pensare a lei mi fece tornare la voglia di rimettermi in gioco con il mio manoscritto da rivedere per l'ennesima volta.
Tirai fuori il libro un po' stropicciato e lo guardai.
"Forse è una storia che non piacerà mai....eppure....quella storia la sento come mia.... maledetto sogno, di quella notte di un anno fa!" pensai. Ebbene sì, precisamente un anno prima feci uno strano sogno. Ero vestita di bianco, in una stanza piena di petali di rose sparse per terra. E ad un tratto mi sento cingere con decisione le spalle da due mani, ma la presa era delicata e le mani sono quelle di una donna. Mi voltavo, e due labbra piombarono sulle mie strappandomi un lunghissimo ed intenso bacio. Un bacio di una donna, così intenso che pareva reale, da lasciarmi al risveglio un retrogusto di fragola.
"Che storia....forse per la signora Mauura non ha senso, eppure....dovevo scriverlo...il mio sogno ha senso!" pensai. Decisi però che, prima di rivedere la bozza, era meglio se avessi preso la mia agenda e avessi organizzato la settimana che mi attendeva.
"Bene, bene....cosa c'è da fare la prossima settimana?" pensai e proprio in una pagina della settimana, il primo di giugno, trovai un post-it:
"Uno: come te non c'è nessuna..."
"Ma che...." esclamai, tirando via il post it. Lo cestinai, come avevo fatto con gli altri e continuando a pensare che si trattasse di uno scherzo di qualcuno che passava per caso, in mia assenza, vicino alle mie cose. Magari ero in bagno, e quella persona si stava prendendo gioco di me, riempiendo ogni lunedì i miei libri con dei post-it.
"Aspetta un momento..." pensai. La mia mente s'illuminò all'istante.
"Oggi è lunedì.....e i post-it....li trovo sempre sui miei libri di lunedì!" pensai. I pensieri si fecero sempre più fitti e i sospetti sempre più grandi. Lasciavo sempre le mie cose in biblioteca sui banchi, perchè mi fidavo dei custodi, ma a quel punto non mi potevo nemmeno più fidare di loro. Erano forse i custodi a farmi questi scherzi? O forse qualche studente che rimaneva il lunedì a studiare? Le pensai tutte quella notte, giradomi e rigirandomi nel letto.
"Non si può continuare così....devo indagare! E poi il gioco è bello quando è corto..." pensai infine, cercando di prendere sonno.

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