venerdì 30 settembre 2011

Post-it "24"

"24"

Lunedì era giunto, e una nuova settimana ricominciava. Avrei risistemato il romanzo che avevo in mente, avrei studiato, e ....avrei pensato al responsabile di quei post-it! Ci pensavo spesso, era ormai diventata una mia ossessione da giorni. Chi era? Chi poteva essere!?!? Una cosa era successa però: quel lunedì incontrai nuovamente Keiko. No, non ero nella solita biblioteca: quel giorno non ne avevo voglia. Decisi di alzarmi sul tardi, mangiare un boccone a casa e andare a fare attività fisica. Così al pomeriggio sottosera uscii, nonostante il cielo fosse grigio. Mi misi a fare jogging nel parco vicino casa, e ad un tratto vidi una figura familiare che stava facendo stretching sotto un enorme albero di ciliegio. Era una ragazza dalle forme toniche e definite, con i capelli raccolti in un grande chignon e qualche ciocca che scendeva sul suo viso. Era proprio lei, Keiko. La osservai per un po': lei, mentre eseguiva gli esercizi teneva gli occhi chiusi. Pareva fosse in un altro mondo. Non volevo disturbarla, ma la tentazione di chiamarla era più forte di me:
"Keiko!" esclamai. Aprì gli occhi, e si voltò verso di me, perplessa. E così mi vide.
"Ehm...scusa ti...ho disturbata?!" chiesi. Lei mi sorrise.
"No. Tranquilla. Che cosa ci fai quì?"
"Stavo facendo jogging...." dissi io avvicinandomi.
"Vuoi fare un po' di stretching con me?" mi chiese.
"Non...non vorrei disturbarti...ti vedo molto presa dai tuoi esercizi..."
"Se ti sto chiamando per fare esercizi con me, non disturbi affatto..." esclamò lei con un grande sorriso. Quel sorriso era un grande bagliore, più di un raggio di sole. Eppure quel giorno, non c'era il sole: c'era un cielo grigio e che avrebbe promesso pioggia da un istante all'altro.
"Va bene..." risposi. E così iniziai a fare un po' di stretching al suo fianco. Una leggera brezza mi accarezzò le braccia e le gambe. Un piccolo brivido percorse la mia schiena, e dopo qualche istante sentii qualche goccia colpirmi la fronte.
"Inizia a piovere!" esclamai alzandomi in piedi di scatto.
"Già! Seguimi! E di corsa!" esclamò lei, mettendosi a correre lungo la via. La seguii di corsa, per un paio di minuti. Una corsa sotto la pioggia umida e seguendo una ragazza appena conosciuta: tutto così, improvvisato. Eppure seguii il mio istinto. Non mi frenai ai semplici impegni universitari, quel giorno mi girava così. Era da tempo che non mi sentivo smarrire, volevo perdermi in qualcosa, ma non sapevo bene di cosa si trattasse.
Arrivammo ad una palazzina ed entrammo. Percorremmo una scala e dopo qualche gradinata arrivammo alla porta d'ingresso. Iniziai ad avere i brividi: ero bagnata fradicia!
"Prego accomodati!" disse Keiko, e ci levammo le scarpe per entrare.
Quando entrai vidi un appartamento dalle pareti molto semplici e bianche, con molti ripiani pieni di libri. Aveva un bellissimo divano al centro del piccolo soggiorno, color verde acqua. A vederlo sembrava morbidissimo, ed ero tentata di sdraiarmici al volo!
"Forse è il caso che ci asciughiamo...ti mostro il bagno, così ti do anche un cambio mentre aspetti che si asciughino i vestiti.." disse Keiko, e mi accompagnò al bagno. Era molto piccolo e con fantasie sulle pareti tutte strane, dello stesso colore del divano.
"Per caso adori il verde acqua?" chiesi, mentre mi di dosso gli abiti bagnati.
"Sì, è il mio colore preferito! Amo le sfumature dell'azzurro e del verde acqua..."disse dall'altra stanza.
Mi misi un salviettone azzurro addosso, e mi asciugai. Nel frattempo Keiko bussò alla porta del bagno:
"E' permesso? Ti appoggio quì una mia tuta, almeno tieni quelli per adesso." disse entrando ed appoggiando i vestiti.
"Gr-grazie..." replicai timidamente. Ero un po' in imbarazzo, indossare una tuta di una persona che conoscevo da troppo poco tempo...era strano. Eppure la sensazione di una tuta di cotone grigia e morbida, era bellissima. Uscii dal bagno, dopo aver ripiegato accuratamente il salviettone e averlo riposto al suo posto.
Lei si era messa una maglietta a maniche corte nera e un paio di leggins viola e si stava asciugando con un altra salvietta azzurra i capelli.
"Cavoli ti sta bene....forse un po' larga! Dovresti mangiare di più o fare più esercizio fisico, così acquisisci massa muscolare!" disse col sorriso.
"Già, in effetti hai ragione...po-posso sedermi?"
"Certo, prego!" disse lei invitandomi a sedermi sul divano verde acqua. Mi guardai intorno, e mi misi seduta . Il divano era davvero morbido: sprofondavo e quasi ti invitava a sdraiarmi.
"Ti porto qualcosa di caldo?" chiese lei, mentre si fiondava in cucina.
"No, niente, grazie." risposi. Mi misi ad osservare tutti i ripiani pieni di libri e la mia curosità saliva sempre di più.
"Chissà che libri saranno." pensai e così mi rialzai e mi avvicinai ai ripiani. Ce n'erano di diversi generi, ma tutti sistemati per genere e separati da una mattonella di legno rosso: cucina, sport, medicina e fitness. Si vedeva che era un insegnante di educazione fisica!
"C'è qualche libro che ti interessa?" chiese lei, catturando la mia attenzione. Per un istante mi sentii colpevole, perchè ero andata a ficcare il naso in cose che non erano mie, e per di più a casa di una persona che conoscevo poco.
"Ehm...beh diciamo che i generi che preferisco sono altri, ma i libri di cucina non li disdegno." dissi con lieve imbarazzo.
"E che altri generi ti piacciono?" chiese.
"Romanzi d'amore, racconti fantastici....ma più che leggere io scrivo."
"Scrivi? E hai già pubblicato qualcosa?"
"Avevo vinto un premio molto tempo fa...ora sto ricontrollando un romanzo che ho scritto da poco...."
"Di cosa tratta?" chiese lei con curiosità sedendosi sul divano.
"Di.... di una storia d'amore..." risposi. Ero nervosa, non le volevo dire certi risvolti, mi vergognavo molto. Mi vergognavo del mio stesso sogno...che tristezza!
"Ti va di raccontami qualcosa? Oppure devo aspettare la sua pubblicazione?" chiese . In quel momento mi tornarono alla mente le critiche gelide della professoressa Mauura, e di colpo mi si riaprì una ferita che sembrava si fosse rimarginata. Tutta un illusione...pure il mio sogno di pubblicare un libro era un illusione! Mi salì un grande magone:
"E' inutile che aspetti....tanto non me lo pubblicheranno mai."
"Perchè dici questo?" chiese lei con espressione perplessa. Le parole della professoressa Mauura mi avevano ferita profondamente, nonostante io avessi provato a non darci più di tanto peso.
"Perchè è vero....ha una storia ma non ha il tocco magico che dovrebbe avere per esser pubblicato..." replicai, sedendomi. Una strana tristezza si stava prendendo gioco di me, e la meta sembrava così lontana.
"Se tu ci credi...è già una magia." disse lei.
"Dici?" replicai. Non ero dello stesso parere, avevo un pessimismo e un vuoto in quegli ultimi tempi che mi veniva quasi voglia di dar fuoco ad ogni mio sogno. Forse anche perchè ero sola...e nessuno credeva nella forza dei miei progetti.
"Sì. Se ci credi, te lo pubblicheranno. E' normale che non si riesca subito...."
"Ma è da tanto che ci sto sopra...possibile che ci sia davvero qualcosa di sbagliato?! Io non credo!" esclamai con nervoso. Poi però cercai di ripigliarmi, e chiesi scusa a Keiko per la mia reazione.
"Non c'è bisogno di scusarsi...hai ragione ad essere arrabbiata, ma la stessa energia che è in te la devi usare per realizzare quel sogno!" disse lei appoggiando una mano sulla mia. Quel calore, quella sensazione.....sembravano le stesse del sogno che feci quel giorno. E da cui avevo tratto la storia per il mio romanzo.
"Fo...forse hai ragione..." dissi e la guardai negli occhi. Il suo sguardo era così profondo che ci potevo nuotare. Era bellissimo, e ricordava quello di mia madre.
"Mamma...." pensai. Quanto mi mancava una sicurezza...quanto mancava mia madre! Eppure Keiko...mi ricordava mia madre.
"Oggi hai corso per arrivare ad una meta, nonostante la pioggia ti colpissa. Così è la stessa cosa per il tuo romanzo." disse lei col sorriso.
"Già..." replicai. Qualche istante di silenzio ci separono, e mi accorsi che aveva appena smesso di piovere.
"Finalmente ha smesso. Però c'è un po' freddo..." disse lei con sconforto.
"Sarà meglio se mi avvio a casa." replicai.
"Allora vado a prenderti i vestiti." disse lei e si alzò. Mi alzai anche io.
"Vado in bagno a togliermi la tua tuta allora..." dissi
" Ma i tuoi vestiti sono ancora inzuppati! Te li metto in un sacchetto, intanto ad andare a casa ti tieni la mia tuta...."
"Cosa? Ma poi quando te la restituisco!?" esclamai.
"Quando vuoi! Io ne ho diverse, non ti preoccupare...."
"No ma almeno...dammi il tuo numero che io ti do il mio.... così....so quando sei libera un attimo e ti restituisco la tuta!" replicai, mentre lei tornò da me con un sacchetto di plastica con i miei vestiti piegati con cura, nonostante fossero ancora umidi.
"Va bene, allora aspetta un momento. Ti do il mio biglietto da visita." disse lei, mentre presi il sacchetto.
Prese dalla sua borsa un biglietto da visita, e me lo allungò.
"Ecco quà."
"Grazie mille...tieni il mio e... scusa ancora per il disturbo."
"Nessun disturbo...Nanako, vero?" chiese lei, prendendo il mio biglietto da visita.
"Sì, esatto." replicai mentre mi infilavo le scarpe. Keiko mi aprì la porta.
"Allora a presto, e...grazie ancora!" dissi.
"Figurati! A presto...." disse lei e chiuse la porta.
Ricominciai a correre verso la strada di casa. Niente, non pensavo a niente. Era come avere il cervello in stand-by, eppure sapevo bene dove stavo andando. Dopo un po' di tempo mi resi conto che ero già sulla soglia di casa.
"Eccocì quà." dissi e aprii la porta. Andai subito a stendere i vestiti bagnati e misi a lavare la tuta di Keiko. Poi mi feci una doccia calda. Ci voleva, decisamente!
Quando mi asciugai, mi misi a sedere sulla mia amata poltrona. Rimasi in silenzio a meditare per un bel po', mentre fuori la pioggia riprese a cadere.
"Mah....che giornata strana!" pensai. Avevo solo fatto una corsa sotto la pioggia, in compagnia di Keiko. Che cosa c'era di strano? Che forse lei aveva reso non indifferente la mia giornata.
"Che ragazza solare..." pensai. Sorrideva sempre, ogni volta che ci incontravamo aveva il sorriso disegnato sulle labbra. E mi trasmetteva una luce nuova, un nuovo calore.
"Chissà....se diceva davvero quelle cose." dissi, rialzandomi dalla poltrona. Presi in mano il biglietto da visita di Keiko, e lo guardai a lungo. Il suo sorriso, le sue parole, e il suo viso. Avevo voglia di mandarle un messaggio, di ringraziarla....ma di cosa, a parte avermi prestato i suoi vestiti? Quel grazie che le volevo inviare, era qualcosa di più!
"Che faccio? Poi magari la disturbo..." pensai rimettendo sul tavolo il biglietto. Decisi così di rimettermi a studiare, non avevo voglia di perdere altro tempo.
"Prendiamo l'agenda, che devo sapere se il 24 c'è la professoressa Uamura....magari per quel giorno le riesco a dare..." pensai ma il mio pensiero fu interrotto da un piccolo foglio giallo appiccicato sulla pagina:
"Ventiquattro: le ore che ti penso."
"Oh no..." esclamai, alzando gli occhi al cielo. Un altro post-it! Eppure quel giorno era lunedì...e io non c'ero in facoltà.
"Me ne avrà messi altri?!" pensai, e così sbirciai con calma, pagina per pagina, l'agenda. Ce n'erano due che non avevo visto:
"Due: le parole che non ti ho detto."
"Quindici: gli anni che ci separano."
Non ne trovai altri. C'erano solo quelli, gli altri li avevo già staccati.
"Accidenti....ma chi diavolo sarà?!" esclamai, chiudendo l'agenda. Le due parole? Potevano essere "Ti amo", oppure "Ti uccido....chi lo poteva sapere? Poteva esser chiunque e aver voluto dire qualunque cosa! E poi erano quindici, gli anni che ci separavano: poteva parlare di anni intesi come distanza di tempo che non ci vedevamo, oppure intendeva dirmi l'età che aveva. In ogni caso iniziò a girarmi la testa.
"Non ne posso più! Da domani mi porterò l'agenda anche in bagno!" esclamai.
Così preparai la borsa per il giorno dopo, e decisi di mettermi a letto, non prima però di aver mandato almeno un messaggio a Keiko.
"Che le dico?" pensai, col cellulare tra le mani. Attesi qualche minuto, non avevo proprio la più pallida idea di cosa scrivere.
"No...non voglio disturbarla. Magari le scrivo domani!" pensai e appoggiai il cellulare sul comodino. Quella sera non avevo fame, così decisi di andarmene a letto e lasciarmi divorare dai strani pensieri di quella giornata insolita. Spensi la luce e provai ad addormentarmi, nel freddo e buio della mia cameretta. Ma dopo qualche istante una luce si accese di colpo, ed era il telefonino.
"Chi sarà mai?" pensai. Guardai sul display:
"Ciao! Come stai? Che ne dici se giovedì ci prendiamo un caffè in facoltà? Così mi ridai la tuta e mi parli di più del tuo romanzo...". Era Keiko.
Tu-tum! Tu-tum! Pechè il mio cuore balzò a quel messaggio? Era solo un caffè, non un appuntamento romantico!
Così le risposi:
"Ora sto meglio, va bene per giovedì. Magari ti chiamo mercoledì che ti dò la conferma. Grazie e notte..."
Non mi sentivo in pace con me stessa: non avevo risposto a dovere a quel messaggio, eppure ero così sorpresa che non sapevo che risponderle. Tenevo il cellulare stretto al petto, come se in quel momento un messaggio di Keiko fosse stata la cosa più importante.
"Ma che cosa mi sta succedendo?" pensai.
No, non lo sapevo. Forse era l'unica persona, sconosciuta, che credeva in me. Avevo paura di sbagliarmi, ma l'istinto mi diceva di fidarmi di quel sorriso.
Un altro messaggio mi arrivò pochi istanti dopo:
"Attendo notizie allora. Dolce notte. Un bacio..."
Tu-tum. Tu-tum! Un bacio...sulla guancia! Era sicuramente sulla guancia!
Spensi il telefono e cercai di dormire. Chiusi gli occhi ed emisi un lungo sospiro.
"Keiko..." pensai, sognando il suo sorriso. Unica luce di un esistenza solitaria e insicura.
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