martedì 27 settembre 2011

Post-it "100"


"100"

"Uff..."sbuffai.
Era una bellissima giornata di sole e il suo calore mi scaldava le braccia mentre tenevo chiusi gli occhi, rivolgendo il volto verso il cielo.
Stavo sdraiata sul verde prato dell'università dove studiavo, durante la pausa delle lezioni. Era un giorno come gli altri, dove le uniche mie fedeli compagne erano i miei pensieri.
Pensieri di solitudine, di angoscia, e domande su domande si sovrapponevano costruendo un immenso castello illusorio.
"Perchè?" pensai. Poi aprii gli occhi, e cercai di immergermi nell'azzurro del cielo. Era un colore così limpido e intenso che veniva voglia di volare. Eppure mi sentivo così terribilmente pesante, per colpa dei miei pensieri.
"Perchè...sono così....vuota? Eppure...mi sento così...pensante!" conclusi, sbuffando nuovamente.
Il silenzio mi circondava, come se improvvisamente fosse finito il mondo. Nessuno passava, le voci erano assenti. Qualche uccellino cinguettava, forse. Ma ero così immersa nel cielo azzurro che preferivo ascoltare la dolce ma malinconica melodia del silenzio.
Di colpo udii la massa di ragazzi e ragazze, camminare rumorosi e chiacchierando, avvicinarsi.
Il tormento dei miei pensieri cessò all'istante, per farmi precipitare nella mia realtà di ambizione e perfezione che era l'università.
Mi rialzai e controllai l'orologio. Erano le due e passate del pomeriggio, ormai era giunto il momento di dirigersi in biblioteca e studiare; così presi la tracolla con tutti i libri e i miei manoscritti.
Non ero riuscita a scrivere nulla quel giorno, e mi sentivo abbattuta, vuota, priva d'ispirazione. Però il dovere mi chiamava, e dovevo studiare, fare tante altre cose.
Per di più attendevo il responso da parte di un insegnante della mia università riguardo un manoscritto che le avevo allungato: speravo che lo riuscisse a proporre ad una casa editrice, dato che lei ci lavorava. Peccato che ormai era un mese che lo leggeva e....me lo rimandava indientro! Il tutto perchè mancava qualcosa. Avevo ormai perso il conto di tutte le volte che ci eravamo incontrate per rivedere e commentare il manoscritto. Stavo per perderci le speranze, nonostante scrivere fosse una delle mie poche passioni che mi toglievano dalla mia solita vita. Forse era quello il motivo per cui sentivo iun grande vuoto dentro di me? No, non era solo quello. Cercavo di darmi sempre delle risposte razionali, non troppo sentimentali. Così pensai che, per colpa della mia ambizione, il vuoto dentro me fosse nato perchè avevo perso molti amici. O forse erano loro che non avevano mai accettato il fatto che fossi migliore di loro?
Una ragazza determinata, studiosa e indaffarata non poteva sempre attendere gli altri. Tanto valeva salutarli, lasciando che loro ti mandassero a quel paese e ti dessero della asociale.
"Mah...che invidiosi!" pensai allora.
Arrivai in biblioteca e iniziai a tirare fuori l'agenda, su cui erano segnati vari impegni: università, pianoforte, incontro con la professoressa per il manoscritto, doposcuola. Quelli erano ormai divenuti il mio mondo.
"Quante cose da fare..." pensai. Una persona qualunque sarebbe stata etusiasta di avere così tante faccende da sbrigare, nella speranza che tutto ciò avesse reso qualcosa in futuro.
Io non lo ero. Ero così a terra che avrei preferito cancellare qualsiasi impegno pur di rimettermi sdraiata su quel prato verde dell'università, cercando di pormi talmente tante domande da schiacciare il mio cuore come una noce.
Si fecero le sei e pensai di lasciare l'università per dirigermi a casa. Attraversai i corridoi vedevo sfrecciare veloci gli studenti e i professori intorno a me, mentre passeggiavo con calma, con la pesantezza della giornata e del sapere ormai inglobato che si faceva sentire. All'improvviso mi sentii chiamare:
"Nanako! Aspettami!". La sua voce affannosa e squillante la riconobbi tra mille.
Era Sakura, molto probabilmete aveva appena finito la lezione di psicologia generale. Le avevo detto che l'avrei accompagnata a lezione, ma alla fine preferii fare altro.
Non vedevo l'ora di essere a casa.
"Sakura.... Cosa c'è?" chiesi. Aveva un gran fiatone per la corsa che aveva fatto per raggiungermi.
"Non ti ho vista a lezione!" esclamò lei .
"Non mi hai vista? Ero in fondo...." dissi, mentendole spudoratamente.
"Sì, come anche l'altro giorno, che in realtà ti sei addormentata sul giardino dell'università?!"esclamò acida, scoprendo la verità. Nonostante tutto non provai vergogna per averle mentito.
"Va bene! Va bene....lo ammetto, oggi volevo starmene per conto mio. Scusami..." replicai, un po' scocciata.
"Comunque volevo riferirti una bellissima novità!"
"E sarebbe?" chiesi. Lei fece un grande sorriso.
"Io e Rihito....ci siamo messi insieme! Finalmente si è dichiarato e così...ci siamo baciati. E' successo tutto così in fretta! Scusa ma ora scappo, che lui mi sta aspettando all'uscita! Ci sentiamo così ti racconto meglio!" esclamò lei e si dileguò velocemente, mimetizzandosi nella folla di studenti che uscivano.
Io invece rimasi lì, ferma e immobile, pensando alla sua felicità e alla mia solitudine e monotonia.
"Io? Perchè non ho novità?"pensai, guardando verso il vuoto. La gente continuava a passarmi di fianco, come se fossi un semplice fantasma.
"Mah..." pensai e ripresi il mio cammino verso casa. Montai sulla mia bicicletta e in pochi minuti mi ritrovai nel mio piccolo appartamento, l'essenziale per vivere da sola.
"Casa dolce casa..." pensai, chiudendo la porta dietro di me. Quella sera l'avrei trascorsa in casa. Forse sarei dovuta uscire con Sakura, ma lei ormai viveva nel suo mondo rosa e fiori. Sola, sola e ancora più sola. Preferivo rimanere da sola, piuttosto che sentire cinguettare Sakura nel suo idillio d'amore. Chiudermi nel mio mondo, studiare, dedicarmi alla musica e ai miei libri era la cosa migliore.
Mi tolsi le scarpe e camminai con le pantofole a forma di gatto nero con gli occhi gialli. Era ormai ora di cena, ma quella sera non avevo fame. Al massimo avrei sgranocchiato qualche patatina sfiziosa a forma di orsacchiotto accompagnata da una coca cola.
"Casa...dolce casa..." pensai, mentre presi uno dei miei libri scritti a mano e mi misi a sedere sulla poltrona, al centro del minuscolo soggiorno. Iniziai a leggere, nel silenzio. Ma poi di colpo caddero due lacrime dal mio viso, e chiusi il libro per non bagnarlo.
Quelle lacrime disegnavano ogni giorno il mio grande vuoto. Facevo ogni cosa, vivendo le mie passioni, ma non mi sentivo in pace con me stessa.
Non potevo parlarne con nessuno....non volevo. Chiudevo il mio vero essere fragile, quel vuoto così potente , per paura di essere scoperta e giudicata come una ragazza qualunque.
Diedi un forte pugno alla poltrona. Ormai essa era divenuta una grande compagna di sfogo: parlavo con lei, mi sfogavo con lei. E lei taceva, e pazientemente ascoltava, circondandomi e coccolandomi con le sue grandi braccia di pelle rossa.
Improvvisamente il cellulare suonò.
"Chi sarà?" pensai, asciugandomi le lacrime. Guardai sul display, ed era mio padre che mi chiamava. Risposi alla telefonata, ovviamente sapevo che sarebbe stato rapido e coinciso come sempre.
Mi chiese come stavo, se studiavo e se fra poco ci sarebbe stato qualche esame. Risposi con qualche vago monosillabo, e lui non cercò minimamente di farmi uscire dalla bocca altre parole. Da quando era morta mia madre si era spento, a tal punto da mostrarsi quasi formale con me, come se fossi stato una sua dipendente di lavoro o una persona qualunque.
"Bene ci sentiamo presto allora. Ciao." disse e riagganciai.
Quelli erano i momenti più inutili della mia vita: perchè chiamare se poi nemmeno avevamo più una relazione o un legame così importante, come doveva avere un padre e una figlia? Per fortuna che avevo le mie passioni oltre allo studio, ma erano un segreto. Non volevo dirglielo perchè temevo il suo giudizio, ma al tempo stesso ero così fiera di ciò che stavo facendo che lo avrei supplicato pur di venirmi a trovare un giorno a suonare o aiutare i bambini a fare i compiti. Sembrava così semplice. Eppure in realtà era così complicato!
"Basta adesso piangere! Studiamo un po', almeno mi rendo utile per qualcosa..." pensai, e così presi la borsa e tirai fuori il libro di psicologia applicata. Lo aprii precisamente alla pagina cento, che avevo segnato su un post it in agenda come promemoria. Ad un tratto però, quando aprii il libro vidi qualcosa che occupava la parte centrale della pagina cento:
"Cento: i battiti del mio cuore, vedendo te." lessi su un post it, attaccato alla pagina cento.
"Eh?" pensai, leggendo e rileggendo quel post-it. Come poteva esserci un post it del genere sul mio libro? E perchè sul mio libro?
"Oh... al diavolo! Sarà stato lo scherzo di qualche idiota..." pensai, stringendo il post it nella man per ridurlo ad una piccola pallina di carta fluorescente.
Gettai il foglietto nel cestino e ripresi a studiare dalla pagina cento. Lessi e rilessi la pagina più e più volte, perchè non ero per niente concentrata. Dopo un quarto d'ora compresi che i miei pensieri erano ancora smarriti su quel pezzetto di carta gettato nel cestino.
"Accidenti! Perchè devo perdermi in certe cose?! Presto avrò un esame e non posso perdere la concentrazione...." pensai sospirando e rivolgendo lo sguardo verso il soffitto.
A quel punto conclusi che non era più possibile studiare perdendosi in certi pensieri. Accesi la tv e mentre mangiavo qualche patatina facevo zapping: ovviamente come al solito non c'era nulla di interessante. Così spensi la tv, dopo una mezz'ora passata inutilmente a cercare un canale decente.
"Cento: i battiti del mio cuore, vedendo te." pensai. Rimuginai quella frase come se fosse stato un rombo di tuono in lontananza.
"Mah!" pensai infine e mi misi a lavare i piatti, con l'intenzione di andare a letto presto.

MyFreeCopyright.com Registered & Protected

Nessun commento: