“Ery chan!!” esclamai e la
grande luce bianca che vidi davanti a me, si trasformò in qualcosa di più
nitido. No, non era più la mia stanza dove vivevo, a Shibuya. Lei non c’era
più, non potevo nemmeno accarezzare il suo bellissimo corpo e stringerlo a me.
Ero nella stanza d’albergo
dove alloggiavo, in Italia.
“Ery chan? E chi è?!” disse
Sakuya che mi sedeva di fianco. Io me ne
stavo semi sdraiato sul letto, ancora sconvolto per quel sogno così
assurdo….mio dio se era assurdo!
Eppure l’avrei voluta
salvare. Avrei voluto finire quel sogno, e non lasciarlo così in sospeso,
mentre il nostro amore sfumava riportandomi alla realtà.
“Eh non lo … anzi lo sai!
E’ sempre la solita ragazza che sogno ogni tanto…”
“Ah! Sì! Hai continuato
ancora?! E che hai sognato?” chiese Sakuya con una curiosità che di prima
mattina mi infastidiva, così lo mandai al diavolo e lui smise di insistere.
“Comunque buon giorno! Oggi
suoniamo ti ricordi?” mi chiese ironico.
“Sì sì lo so, adesso mi
sveglio e mi preparo, così andiamo a provare se tutti gli strumenti vanno
bene.” Dissi a Saku, e lui decise così di andare a svegliare gli altri.
Rimasi un poco stordito :
ripensai a tutti quei sogni e a quella ragazza. Era ormai da tempo divenuta la
mia musa ispiratrice di tutti i miei testi fino ad allora….chissà se esisteva
veramente? Me ne ero così infatuato che avevo provato più e più volte a
ritrarla. Ma nulla che le somigliasse, che fosse bello come lei.
Dopo poco guardai
l’orologio: era mezzogiorno e dovevamo ancora pranzare.
Mi alzai e mi preparai per
andare giù nella sala pranzo dell’hotel. Ma prima di uscire dalla stanza il
cellulare suonò: era un messaggio di mia sorella, Kitsune.
“Ti ho già chiamato ben
cinque volte e tu non rispondi? Ho già capito che sei ancora a letto! Saluti
dal negozio e dalle fans! Un bacio color sangue!” questo fu il suo messaggio e
così risposi:
“Grazie, meno male ci sei
tu. Buona giornata, ricambio il bacio color sangue…”
Kitsune, Kitsune…se non
c’era lei a regolare la mia esistenza! Era la mia sorellina, le volevo un gran
bene…. peccato che in sogno fosse l’opposto della realtà! Già, come era strana
la mente a volte! Eppure spesso lasciavo che il mio cervello governasse quelle
sagome a me familiari per giocarci liberamente. E non mi dispiaceva.
Uscìì dalla stanza e scesi
nella sala da pranzo: i membri dei Black Roses erano già a tavola.
“Signor S! Quale
onore! Sei pronto per il concerto qui a
Roma?” esclamò Kojima mentre riprendeva la mia risposta con una piccola
cinepresa.
“Abbastanza. Vediamo che
casino sanno fare questi italiani…” dissi con ancora l’espressione di chi si
era appena svegliato.
Mi sedetti e afferrai due
fette biscottate, un poco di marmellata e una brioche, e infine ordinai un
caffè espresso. Mi piaceva molto la colazione italiana. In effetti la cucina
italiana era ottima … dopo quella giapponese ovviamente!
Il gruppo era in estasi:
non vedeva già l’ora di suonare, come sempre. E poi intervenne Saku con la sua
simpatia:
“Sapete che Seiji mi ha
chiamato Ery chan? Forse ha qualche turba mentale …” esclamò e tutti
scoppiarono a ridere, e per ricambiare la sua simpatia, gli diedi un pugno
leggero in testa.
“Seiji… che male! Mi curi?”
disse ironizzando un ruolo di ragazza
davvero patetico.
“E come mai l’avresti chiamato
“Ery chan”?” chiese Yuri curioso, mentre morse una fetta biscottata.
“Non ve lo svelerò mai..”
dissi guardando con aria penetrante l’obiettivo della cinepresa e poi Saku mi
giunse davanti:
“Restate con noi! Il
mistero si svelerà nelle prossime puntate di “Seiji e la fanciulla dei sogni”!”
esclamò ridendo.
“…se non la pianti
scoprirai misteri ben più inquietanti!!” esclamai interpretando una risata
diabolica da film dell’orrore. Kojima spense la cinepresa e finimmo di fare
colazione.
Ci alzammo, tornammo nelle
nostre stanze e ci preparammo a dovere. Gli strumenti erano già stati sistemati
sul palco nel palazzetto dietro l’albergo. Dopo esserci preparati
dignitosamente per le prove, scendemmo all’ingresso e salimmo su un piccolo bus
che ci avrebbe portato all’ingresso.
Nel frattempo mi veniva in
mente la sagoma di lei col Kimono Rosso.
Già, Ery chan, la donna dei
miei sogni… chissà se esisteva davvero. L’avrei mai incontrata?
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